Home / La psicoterapia costruttivista ad orientamento narrativo-ermeneutico

La psicoterapia costruttivista ad orientamento narrativo-ermeneutico

I presupposti filosofici e teorici

  1. La Psicoterapia costruttivista ad orientamento narrativo-ermeneutico rappresenta una elaborazione in chiave narrativa della psicoterapia dei costrutti personali proposta da George A. Kelly nella seconda metà del Novecento come applicazione della sua teoria dei costrutti personali (TCP) al campo della clinica e della psicoterapia. L’opera principale di Kelly, The Psychology of Personal Constructs, è stata pubblicata nel 1955. Sulla vita e sull’opera di Kelly è possibile leggere l’ebook gratuito scritto da Gabriele Chiari, George A. Kelly and His Personal Construct Theory, in versione iBook o ePub e PDF.
  2. La TCP è una teoria della personalità che si basa sull’assunto filosofico dell’alternativismo costruttivo, una concezione costruttivista della conoscenza: “Ogni interpretazione dell’universo è suscettibile di revisione o sostituzione”. L’alternativismo costruttivo, così come definito da Kelly, rappresenta la prima espressione del costruttivismo psicologico contemporaneo. In breve, non è possibile conoscere il mondo così com’è, ma solo interpretarlo. Se consideriamo la nostra conoscenza del mondo, di noi stessi e degli altri come un’interpretazione personale, come tale soggetta a re-interpretazioni, ne conseguono numerose implicazioni di ordine etico, clinico e psicoterapeutico:
    1. ogni conoscenza personale è legittima quanto quella di qualsiasi altra persona. I concetti di “giusto/sbagliato” e di “vero/falso” non sono più applicabili. Fare propria questa visione della conoscenza personale comporta un atteggiamento di rispetto per chi vede le cose in modo diverso da noi. In particolare, l’accettazione e l’approccio credulo rappresentano le basi della relazione con il cliente nella psicoterapia dei costrutti personali;
    2. il cambiamento è un aspetto costitutivo della persona. La persona non è “mossa” da bisogni, pulsioni o stimoli, ma agisce sulla base delle anticipazioni derivanti dalle sue interpretazioni;
    3. il disturbo non viene concepito, come nelle terapie cognitive tradizionali e in molti altri approcci psicoterapeutici, come derivante da un errore nella rappresentazione del mondo. Piuttosto, viene considerato come il risultato della scelta che la persona fa di non verificare la validità di alcune sue interpretazioni particolarmente centrali della sua comprensione di sé e del mondo per non rischiare di metterla a repentaglio. Di conseguenza, il disturbo comporta un arresto del movimento nell’area problematica;
    4. la psicoterapia è volta a favorire nel cliente una re-interpretazione degli aspetti centrali, nucleari, implicati nel disturbo, e in particolare quelli che guidano la relazione della persona con altre persone, così da permettere la riattivazione del movimento. I problemi personali clinicamente rilevanti sono da considerare come problemi relazionali;
    5. questo fa della relazione e della conversazione tra lo psicoterapeuta e il cliente uno strumento primario di cambiamento. La relazione, basata sull’accettazione del modo in cui il cliente interpreta il suo mondo personale, rappresenta di per sé un’esperienza trasformatrice per il cliente, che favorisce a sua volta un lavoro di partecipazione congiunta tendente alla comprensione e alla rielaborazione: la psicoterapia non è una “cosa” che si fa al cliente, ma con il cliente;
    6. la psicoterapia dei costrutti personali comprende numerose tecniche: alcune conversazionali, in grado di dirigere la conversazione terapeutica verso la comprensione e la re-interpretazione del mondo di significati del cliente, altre di “messa in scena”, volte a favorire l’esplorazione e la sperimentazione di modi alternativi di mettersi in relazione con gli altri dietro la maschera protettiva della rappresentazione creativa;
    7. la psicoterapia dei costrutti personali non si limita ad aiutare il cliente a raggiungere un alto livello di consapevolezza, ma si propone di favorire l’elaborazione di alternative percorribili che vengono messe a verifica in veri e propri esperimenti sociali, concordati e monitorati all’interno della stanza della terapia nella relazione con il terapeuta;
    8. inoltre, Kelly ha inventato numerose tecniche di esplorazione della conoscenza personale, come le griglie di repertorio e l’autocaratterizzazione, utilizzate anche in approcci psicologici e psicoterapeutici diversi. A differenza di altre tecniche di assessment, questi strumenti non servono solo al terapeuta o al ricercatore per raccogliere informazioni senza che il cliente capisca cosa si nasconde dietro la consegna, ma possono diventare dei modi molto utili per favorire l’elaborazione del sistema di significati da parte del cliente.
  3. La teoria dei costrutti personali è altamente formalizzata e articolata.
    1. In sintesi, si basa su un postulato fondamentale che mette al centro il ruolo dell’anticipazione derivante dai costrutti personali (interpretazioni): le persone non sono viste come determinate dal loro passato o da condizionamenti ambientali o sociali, ma come agenti sulla base della loro anticipazione del futuro. Se vedo le cose in un certo modo, mi aspetterò che accadano certe cose e non altre e quindi mi muoverò in un certo modo nel mondo, e ciò che verifico come risultato del comportamento scelto può confermare le mie anticipazioni, oppure invalidarle e quindi portarmi a rivedere il mio punto di vista. La circolarità tra conoscenza e azione, che è stata descritta anche da altri psicologi costruttivisti come Jean Piaget, nella TCP prende il nome di ciclo dell’esperienza.
    2. Al postulato fondamentale fanno seguito undici corollari che ne seguono le implicazioni così da descrivere coerentemente aspetti fondamentali per una teoria della personalità, come l’individualità (cosa ci rende diversi da qualsiasi altra persona), la comunanza (cosa ci rende per certi aspetti simili ad altri), la socialità (cosa ci permette di entrare in relazione con altre persone), il cambiamento (cosa lo permette e cosa lo vincola).
    3. La TCP è sostanzialmente una meta-teoria: è una teoria psicologica, cioè, che si applica alle teorie personali. Come tale, deve poter utilizzare dei costrutti (professionali) applicabili ai costrutti personali. L’impiego di questi costrutti professionali permette allo psicologo o allo psicoterapeuta dei costrutti personali di fare delle diagnosi che permettano di intravedere quali direzioni può prendere la persona per eliminare il suo disturbo. Una diagnosi, quindi, che non categorizza come quella del DSM, ma che orienta lo psicoterapeuta nel lavoro che porta avanti con quel particolare cliente.
    4. Infine, la TCP è una teoria autoriflessiva che si accosta ai processi dei clienti negli stessi termini con cui si applica ai processi degli stessi terapeuti.
  4. Psicoterapia narrativo-ermeneutica è il nome dato alla elaborazione italiana della psicoterapia dei costrutti personali. Presentata per la prima volta nel 1999 da Gabriele Chiari e Maria Laura Nuzzo, arricchita dai contributi dei loro collaboratori, ha avuto recentemente il riconoscimento ufficiale in ambito internazionale con la pubblicazione del volume di G. Chiari e M. L. Nuzzo Constructivist Psychotherapy: A Narrative Hermeneutic Approach (2010) e con la pubblicazione di un capitolo, “A narrative hermeneutic approach to personal construct psychotherapy” nel volume The Wiley Handbook of Personal Construct Psychology (2016) curato da D. A. Winter e N. Reed. Caratteri distintivi della psicoterapia costruttivista ermeneutica sono:
    1. una rilettura della teoria dei costrutti personali che ne sottolinea le affinità con la fenomenologia e con l’ermeneutica partendo da una visione della persona come generatrice di significati;
    2. l’importanza attribuita alla relazione terapeutica come esperienza trasformativa e al linguaggio quale strumento per l’elaborazione dei significati personali;
    3. la visione del processo psicoterapeutico come una ininterrotta conversazione ermeneutica;
    4. l’elaborazione di alcuni aspetti di base della teoria dei costrutti personali attraverso l’adozione di alcune nozioni della teoria dell’autopoiesi di Maturana;
    5. la proposta di una comprensione narrativo-evolutiva delle persone che presentano dei disturbi clinicamente rilevanti.

Gli aspetti personali del futuro psicoterapeuta narrativo-ermeneutico

  1. Gli studi sull’efficacia delle varie psicoterapie da sempre hanno messo in luce come il fattore più significativo di cambiamento sia la qualità della relazione terapeutica che può essere trasversale ai diversi orientamenti. La formazione alla psicoterapia costruttivista ermeneutica è fondata sull’analisi delle relazioni e sul ruolo di due soggettività, quella del cliente e quella del terapeuta. 
  2. Il colloquio d’ammissione è volto già da subito ad anticipare come l’epistemologia personale del futuro allievo potrà dialogare con l’epistemologia del sistema formativo. Nostre ricerche interne hanno infatti fatto emergere una correlazione tra la soddisfazione degli allievi (misurata quantitativamente e qualitativamente), il bassissimo numero di drop out, e la sovrapposizione dell’epistemologia personale con quella della scuola. 
  3. Diventa particolarmente importante considerare le premesse di partenza dell’allievo, la sua visione del mondo, di sé in relazione agli altri, il suo modo quindi di conoscere e di fare esperienza. Gli strumenti utilizzati nella selezione riguardano l’analisi di quelle dimensioni personali che si sono rilevate significative per un soddisfacente e proficuo percorso formativo da parte dell’allievo: 
    1. disponibilità a mettere in discussione le proprie convinzioni;
    2. interesse a porsi domande più che a ricercare le risposte “giuste”;
    3. desiderio di ascoltare e di cercare di comprendere, senza giudicare, ciò che altri hanno da dire;
    4. fiducia a mettersi personalmente in gioco, facendo affidamento sul sostegno e sull’accettazione del gruppo;
    5. propensione ad immaginare l’esistenza di interpretazioni del mondo diverse dalla propria;
    6. curiosità nei confronti dei significati personali delle altre persone.

L’offerta formativa

  1. La formazione alla psicoterapia costruttivista ermeneutica si propone di aiutare gli allievi a elaborare creativamente il proprio stile professionale, coerentemente con una teoria rigorosa, ma che mette al centro la persona nella sua irriducibile unicità.
  2. La didattica è costruttivista: i docenti non si limitano a trasmettere informazioni in lezioni frontali, ma favoriscono esperienze per permettere agli allievi di contribuire attivamente e creativamente alla loro formazione. Il clima è aperto e ospitale, invita al confronto, al rispetto reciproco, a valorizzare le risorse personali di ognuno, a moltiplicare le prospettive più che a cercare un’omologazione a un modello in continue sfide competitive.
  3. Il processo di apprendimento è costruito come un’esperienza di gruppo: il percorso per diventare terapeuti è una esperienza di cambiamento di tutte le persone coinvolte, allievi e didatti, ed è quindi attraverso “pratiche” di conoscenza reciproca e confronto negli ambiti dell’impresa condivisa, che si realizza la partecipazione e l’investimento in tale cambiamento.
  4. Creare una “comunità di pratiche”, in cui la stessa esperienza formativa diventi un progetto e una responsabilità condivisa, implica il coinvolgimento diretto e personale di tutti. Spesso i momenti più interessanti, a livello di elaborazione e di apprendimento, non si verificano con “il maestro”, ma proprio tra gli “apprendisti”.
  5. Sulla base di questa idea all’inizio del corso gli allievi formano delle coppie terapeuti/clienti per sperimentare, personalmente e nell’ambiente protetto della formazione, tutte le tecniche presentate, sia nel ruolo di cliente sia in quello di terapeuta. Questo tipo di lavoro – che si effettua anche con l’ausilio di strumenti audiovisivi – si prolunga nei primi due anni di formazione e consente spesso un vero e proprio processo di cambiamento personale, favorito dalla possibilità di elaborare il proprio sistema di costrutti e di aumentare la consapevolezza di quegli aspetti personali che verranno poi utilizzati per delineare sempre di più anche il ruolo professionale e per affinare un proprio stile.
  6. Il gruppo è una risorsa formativa molto importante: attraverso esercizi mirati, diventa uno spazio di sperimentazione sociale per aumentare il livello di consapevolezza della propria relazionalità e del proprio sistema di conoscenza. Ognuno, attraverso il continuo processo di rispecchiamenti e differenziazioni, può elaborare il proprio ruolo, mettendo alla prova la costruzione di sé in relazione a come gli viene riproposta dagli altri membri del gruppo. Affina ed articola i costrutti di ruolo, ovvero la capacità di guardare con gli occhi dell’altro. Consente di promuovere il senso di appartenenza che fonda l’atmosfera di fiducia e di accettazione reciproca. Sono previste anche esercitazioni didattiche di conduzione di gruppi da parte degli allievi al fine di acquisire anche questa competenza professionale.
  7. Per favorire quella versatilità di risorse personali e professionali che un buon terapeuta costruttivista dovrebbe coltivare vengono utilizzate didatticamente varie forme di espressione artistica (quadri, film, libri, teatro, musica), al fine di ampliare la capacità dei futuri terapeuti di immedesimarsi in molteplici ruoli:
    1. tecniche di drammatizzazione teatrale per avere maggiore consapevolezza nell’espressione delle esperienze emozionali;
    2. visione e analisi di film per approfondire i processi di cambiamento o specifiche dimensioni cliniche;
    3. libri ed immagini artistiche come spunti per dinamiche di gruppo.
  8. L’obiettivo finale del corso quadriennale è preparare gli allievi ad esercitare la professione di psicoterapeuta costruttivista ermeneutico in vari setting (individuale, di coppia e di gruppo), con varie fasce di età (bambini, adolescenti, adulti, anziani) e relativamente a una vasta gamma di disturbi.
  9. Gli obiettivi didattici della formazione sono:
    1. acquisire una buona padronanza dei presupposti epistemologici e della teoria dei costrutti personali;
    2. promuovere negli allievi quell’attenzione alla relazione con i clienti che includa anche loro stessi;
    3. aumentare la consapevolezza rispetto alle proprie dimensioni personali;
    4. favorire quel processo di continuo automonitoraggio tra i sistemi personali del cliente e del terapeuta all’interno della cornice più sovraordinata del sistema di costrutti professionali;
    5. allenare all’autoriflessività come esercizio di responsabilità;
    6. stimolare la creatività per inventare un proprio stile.

L’organizzazione didattica

  1. Il corso di specializzazione (per chi, psicologo o medico, intenda acquisire l’abilitazione all’esercizio della psicoterapia) ha una durata di 4 anni per un numero complessivo di 2000 ore (500 ore l’anno). Il corso di formazione (per chi, essendo già in possesso dell’abilitazione, intenda formarsi alla psicoterapia costruttivista) ha una durata di 4 anni per un numero complessivo di 1100 ore. In entrambi i casi, 1100 ore sono dedicate alla formazione specifica in psicoterapia costruttivista ermeneutica, con la seguente articolazione:
    1. Primo anno: teoria di base (teoria dei costrutti personali); accettazione e comprensione; conversazione terapeutica; costruzione professionale; relazioni di dipendenza e relazioni di ruolo; terapia costruttivista di coppia; terapia costruttivista di gruppo.
    2. Secondo anno: relazione terapeutica; tecniche conversazionali e tecniche di “messa in scena”; diagnosi transitiva; tecniche di esplorazione della conoscenza personale; processo terapeutico; valutazione del cambiamento; percorsi narrativo-evolutivi; terapia costruttivista di coppia; terapia costruttivista di gruppo.
    3. Terzo e quarto anno: supervisione di casi clinici (due per ogni allievo); terapia costruttivista di coppia; terapia costruttivista di gruppo.
    4. Alle 2000 ore del programma vanno aggiunte 20 ore di analisi personale da effettuare nel periodo della supervisione (non richieste nel caso in cui l’allievo abbia volontariamente deciso di seguire un percorso psicoterapeutico individuale).
    5. Fanno parte del monte ore anche 140 ore l’anno di tirocinio da svolgere presso strutture pubbliche o private accreditate, organizzate nelle sedi più vicine alla località di residenza degli allievi.
    6. Tra gli insegnamenti teorici e i seminari: epistemologia della psicologia, epistemologia costruttivista, teoria dell’autopoiesi, costruttivismo e fenomenologia, psicologia sociale costruttivista, psicopatologia generale, psicofarmacologia, diagnostica clinica costruttivista, psicosomatica costruttivista, metodologia della ricerca costruttivista, etica e deontologia in psicoterapia, psicoterapia costruttivista nell’età evolutiva, elementi di ipnosi costruttivista, danzaterapia costruttivista, retorica e costruttivismo, l’esperienza di udire voci, utilizzo delle griglie di repertorio in ambito clinico, psicoterapia e oncologia, le metafore in psicoterapia, psicoterapia costruttivista degli anziani, psicologia dell’emergenza, sessuologia clinica costruttivista, psicoterapia nelle strutture pubbliche.
  2. La formazione viene portata avanti da due Didatti che si alternano tra loro dal primo giorno della Scuola fino all’esame di specializzazione. I Didatti si occupano, oltre che delle lezioni teoriche, anche degli obiettivi formativi che mettono al centro dell’attenzione il sé dei futuri terapeuti. Si occupano, commentando e supportando le elaborazioni, di tutte le sperimentazioni in coppia e in gruppo, nonché delle supervisioni e della stesura della tesi finale.
  3. I Didatti sono affiancati da due co-Didatti (Didatti in formazione) che, partecipando a tutte le ore di formazione, permettono il mantenimento di una continuità didattica e favoriscono i rapporti tra gli allievi e i didatti. I co-Didatti hanno inoltre il compito di organizzare esercitazioni di gruppo per permettere la messa in pratica di quanto acquisito di volta in volta durante la formazione teorica, per favorire le relazioni all’interno del gruppo classe, per approfondimenti richiesti dagli allievi. Una funzione importante della figura del co-Didatta è quella di facilitare gli allievi ad integrare le esperienze del tirocinio con il modello formativo scelto: una parte delle esercitazioni è dedicata all’analisi delle situazioni cliniche che gli allievi affrontano nel ruolo di tirocinanti.
  4. Nelle ore di esercitazione della co-didattica gli allievi possono discutere e confrontarsi rispetto all’elaborazione di proposte lavorative. La versatilità della teoria, non solo rigorosa, può felicemente applicarsi a molti progetti da presentare nei servizi e nelle istituzioni nel ruolo di psicologi iscritti all’albo, ancora prima di acquisire il titolo.
  5. Nei corsi attivati nella sede di Firenze è presente nei primi due anni un terzo Didatta incaricato della formazione alla terapia costruttivista di gruppo. Nei corsi attivati a Padova almeno uno dei due Didatti si occupa delle dinamiche di gruppo e della formazione in terapia di gruppo.
  6. Durante le ore di formazione, la presentazione delle nozioni teoriche viene affiancata da discussioni in piccoli gruppi delle stesse e da colloqui tra coppie di allievi o tra didatti e allievi finalizzate a inserire nella conversazione terapeutica quanto di volta in volta appreso. I colloqui si svolgono in studi collegati in video con l’aula delle lezioni.
  7. I due casi clinici portati in supervisione da ciascuno degli allievi vengono seguiti, uno per ciascuno, dai due Didatti, in modo che gli allievi possano osservare le differenze nello stile personale dei terapeuti e avvantaggiarsene nella ricerca del proprio. Per poter permettere il più possibile un aggiornamento dei casi supervisionati ogni mese, i gruppi classe non superano il numero di 15 allievi.
  8. La possibilità per gli allievi di avere dei casi clinici da portare in supervisione è favorita dalla scelta delle sedi in cui svolgere il tirocinio (la Scuola del CESIPc fornisce una valutazione in tal senso grazie all’esperienza di precedenti allievi) e dal servizio di psicoterapia a costo agevolato attivo in entrambe le sedi di Firenze e di Padova.
  9. L’esperienza delle supervisioni in gruppo può aiutare gli allievi e gli ex-allievi ad organizzare gruppi di intervisione.
  10. Ogni anno è prevista una serie di eventi formativi particolari che rappresentano importanti momenti di incontro e di confronto tra allievi di corsi e sedi diverse e tra gli ex-allievi:
    1. un fine settimana l’anno tutti i corsi di psicoterapia costruttivista ermeneutica della stessa sede si riuniscono per un residenziale, al quale sono ammessi anche gli ex-allievi della Scuola;
    2. un secondo fine settimana l’anno prevede una plenaria di tutti i corsi delle sedi di Firenze e Padova, con la partecipazione di ospiti italiani e/o stranieri;
    3. a Padova in autunno viene organizzata una giornata congressuale in cui la Scuola di psicoterapia costruttivista ermeneutica del CESIPc si confronta su un tema clinico con altre due Scuole di specializzazione.
  11. La formazione non si esaurisce con il concludersi del corso quadriennale o dopo l’esame di specializzazione, ma la Scuola diventa un network di collegamenti professionali e di formazione. Ad esempio, nel coinvolgimento degli ex-allievi nei residenziali, nelle plenarie, nella costituzione di gruppi continui di supervisione e intervisione, nei lavori di gruppo da presentare ai congressi, nello scambio di invio di clienti, nell’aggiornamento della teoria, ecc.

La ricerca costruttivista

  1. Gli strumenti quantitativi e qualitativi per l’esplorazione della conoscenza specifici della psicologia dei costrutti personali (griglie di repertorio, autocaratterizzazioni, e molti altri) trovano ampia applicazione nella ricerca psicologica.
  2. Gli studi pubblicati spaziano dalla ricerca nel campo della psicologia delle organizzazioni, della psicologia dell’infanzia e dell’adolescenza, della psiconcologia, della psicologia giuridica, della psicologia dello sport, dell’intelligenza artificiale, e sono in costante espansione.
  3. Numerosi studi hanno permesso di aumentare la comprensione del processo terapeutico e di analizzare la struttura e il contenuto dei sistemi di conoscenza delle persone che presentano dei disturbi. Studi meta-analitici indicano l’efficacia evidence-based della psicoterapia dei costrutti personali.
  4. Gli stessi strumenti di assessment vengono utilizzati nei corsi di specializzazione allo scopo di favorire un processo di selezione che riduca il numero dei drop out durante la formazione e di valutare il cambiamento personale degli allievi dall’inizio alla fine del percorso formativo.
  5. Il CESIPc ha istituito un gruppo di supporto rivolto agli allievi che volessero fare ricerca per diffondere il costruttivismo nel panorama scientifico e per ampliare il proprio curriculum con la presentazione di relazioni ai congressi e la pubblicazione di articoli.

La storia della formazione alla psicoterapia narrativo-ermeneutica in Italia

  1. La “scoperta” e la successiva diffusione in Italia della teoria e della psicoterapia dei costrutti personali risale al 1981, quando G. Chiari e M. L. Nuzzo, con altri colleghi del Centro di psicoterapia comportamentale di Roma diretto da Vittorio Guidano, lessero il libro di Don Bannister e Fay Fransella Inquiring Man (che poi tradussero con il titolo L’uomo ricercatore). Ne seguirono due inviti in Italia di Don Bannister, che aveva introdotto la psicologia dei costrutti personali in Europa.
  2. Da allora, G. Chiari e M. L. Nuzzo cominciarono ad introdurre la teoria e la psicoterapia dei costrutti personali nei training da loro condotti, riconosciuti dalla Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva (SITCC), facendone sempre di più la base portante. I training, triennali, furono tenuti a Roma (negli anni ‘80), ad Ancona (1988), a Padova (1989) e a Firenze (1992).
  3. Nel 1992 fu costituita informalmente l’Associazione Italiana di Psicologia dei Costrutti Personali (AIPCP), che ha organizzato due congressi nazionali: a Verona nel 1993 e a S. Benedetto del Tronto nel 1995.
  4. Con il riconoscimento ministeriale delle prime scuole private di specializzazione in psicoterapia (31/12/1993), la psicoterapia dei costrutti personali è diventata materia di formazione nella Scuola di specializzazione in psicoterapia cognitiva ad indirizzo costruttivista del CESIPc di Firenze, Scuola della quale G. Chiari è co-direttore. Nel corso degli anni a G. Chiari si sono affiancati diversi ex-allievi che, formatisi con lui, hanno completato la formazione come Didatti. Ad oggi sono stati attivati a Firenze 16 corsi.
  5. Con il riconoscimento ministeriale della sede periferica di Padova nel 2001, vengono attivati annualmente dei corsi di specializzazione e di formazione alla psicoterapia dei costrutti personali (e successivamente alla psicoterapia costruttivista ermeneutica) anche nella regione veneta. Ad oggi ne sono stati attivati 15.
  6. Un folto numero di psicoterapeuti costruttivisti ermeneutici è socio ordinario o socio didatta della Società Italiana di Psicoterapia Comportamentale e Cognitiva (SITCC) e partecipa ai congressi nazionali.
  7. Nel 1997 si è costituita a Firenze presso il CESIPc l’Associazione Italiana di Psicologia e Psicoterapia Costruttivista (AIPPC), della quale l’attuale Presidente è G. Chiari. L’AIPPC ha come scopo la promozione di attività che portino ad un approfondimento e ad una diffusione dell’approccio costruttivista in psicologia e in psicoterapia.
  8. L’AIPPC è uno dei Soci fondatori della Federazione Italiana delle Associazioni di Psicoterapia (FIAP), che rappresenta a livello europeo la psicoterapia italiana in quanto membro della European Association of Psychotherapy (EAP). Molti psicoterapeuti costruttivisti ermeneutici sono soci attivi sia dell’AIPPC che della FIAP. L’AIPPC ha organizzato ad oggi quattro congressi. Il suo codice deontologico è adottato dalla Scuola di specializzazione del CESIPc.
  9. Dal 2014 l’AIPPC pubblica semestralmente un e-journal, Costruttivismi, del quale G. Chiari è co-direttore. Su Costruttivismi pubblicano i loro lavori diversi costruttivisti ermeneutici.

La psicoterapia costruttivista kelliana nel mondo

  1. Formarsi come psicoterapeuti narrativo-ermeneutici significa entrare a far parte di una comunità avente una precisa identità, per due motivi fondamentali: il fatto di condividere la stessa teoria (pur con le sue differenziazioni interne), e il fatto che si tratta di una teoria che, per i suoi presupposti rigorosamente costruttivisti, si differenzia dalla maggior parte degli approcci psicoterapeutici (pur potendoci dialogare).
  2. Dopo la pubblicazione nel 1955 dei due volumi di Kelly The Psychology of Personal Construct, la teoria e la psicoterapia dei costrutti personali faticarono ad affermarsi. L’approccio che Kelly proponeva era troppo avanti con i tempi, dominati, soprattutto negli USA, dal comportamentismo e dalla psicoanalisi. Tuttavia alcuni psicologi che erano stati allievi di Kelly alla Ohio State University occuparono cattedre in altre università americane, formando così i primi gruppi di teorici, psicologi e psicoterapeuti costruttivisti.
  3. A partire dalla fine degli anni ’50 la teoria si diffuse rapidamente in Gran Bretagna, grazie soprattutto all’opera di divulgazione di Don Bannister e Fay Fransella, sia nei servizi pubblici che in importanti università come quella di Londra. Proprio a Londra nel 1981 Fransella fondò il Centre for Personal Construct Psychology che organizzava training e corsi riconosciuti. Nel 1997 la parte psicoterapeutica del Centro si è costituita come Personal Construct Psychology Association (PCPA).
  4. Considerando che nel 1983 il 90% delle pubblicazioni sull’approccio kelliano erano in lingua inglese, non stupisce che la successiva diffusione della teoria abbia riguardato il Canada (soprattutto alla Brock University nell’Ontario) e l’Australia (con il PCP Research Group dell’Università di Wollongong). Un altro gruppo importante opera nell’Università di Haifa in Israele.
  5. La diffusione in Europa inizia ai primi anni ’80 e riguarda soprattutto la Spagna, la Germania, la Serbia, i Paesi Scandinavi, e l’Italia con la modalità già descritta. Mentre negli altri paesi europei i centri di ricerca e di formazione sono prevalentemente accademici, la situazione italiana rappresenta un’eccezione. Solo negli ultimi anni la psicologia dei costrutti personali ha cominciato ad entrare nei programmi universitari, soprattutto a Padova e a Milano.
  6. Il confronto tra gli psicologi e gli psicoterapeuti costruttivisti kelliani è favorito dai congressi internazionali. Il 1° congresso internazionale della PCP si tenne a Lincoln, Nebraska, nel 1976. Dal 5° congresso del 1983 a Boston i congressi internazionali si tengono ogni due anni. L’ultimo, il 23°, si è tenuto a Cairns in Australia nel 2019. Nel 1989 si è tenuto ad Assisi l’8° congresso, organizzato dal gruppo italiano. Negli anni in cui non è previsto un congresso internazionale si tengono i congressi regionali, organizzati dalle tre organizzazioni continentali: il Constructivist Psychology Network (CPN) nordamericano, l’Australasian Personal Construct Group (APCG), e la European Personal Construct Association (EPCA). Il primo congresso europeo si è svolto a York, UK, nel 1992; l’ultimo, il 14°, a Edinburgh, Scotland, nel 2018. Il 6° congresso europeo del 2002 è stato organizzato a Firenze da G. Chiari e M. L. Nuzzo.
  7. Una List for Discussion of Personal Construct Psychology è a disposizione online per chiunque voglia ricevere aiuto da altri costruttivisti kelliani per le sue ricerche.
  8. La comunità kelliana internazionale può contare su due riviste internazionali: il Journal of Constructivist Psychology (fino al 1993 International Journal of Personal Construct Psychology) edito da R. A. Neimeyer e J. D. Raskin, il cui primo numero è del 1988, e l’e-journal gratuito Personal Construct Theory & Practice edito da J. Scheer e V. Burr, il cui primo numero è del 2004. Gabriele Chiari fa parte dell’editorial board di entrambe le riviste sin dal loro primo numero.
  9. Sempre su internet è presente il sito della George Kelly Society fondata nel 2016 della quale Gabriele Chiari è uno dei membri dello Steering Committee. Il sito contiene, oltre alla rivista online, un NewsBlog, una PCP Encyclopaedia, e molte altre informazioni utili.

Fonti di approfondimento

  1. I lavori originali di Kelly
    1. L’opera principale di George A. Kelly, The Psychology of Personal Constructs in due volumi (Norton, 1955) è stata ristampata da Routledge nel 1991. Nel 1963 Norton ha pubblicato anche un tascabile, A theory of personality: The psychology of personal constructs, che contiene I primi tre capitoli del primo volume.
    2. Altri lavori di Kelly sono stati pubblicati postumi a cura di B. A. Maher in Clinical Psychology and Personality: The Selected Papers of George Kelly (Wiley, 1969), ristampato da Krieger nel 1979.
  2. Traduzioni italiane dei lavori di Kelly
    1. Una traduzione italiana dell’opera principale di Kelly, La psicologia dei costrutti personali. Teoria e personalità (Cortina, 2004), contiene soltanto alcuni capitoli del primo volume. Il capitolo sull’alternativismo costruttivo è stato tradotto anche in G. V. Caprara e R. Luccio (a cura di), Teorie della personalità. II. Gli sviluppi (il Mulino, 1986) con il titolo “L’assunto costruttivista nella psicologia dei costrutti personali”.
    2. Recentemente la rivista Costruttivismi ha pubblicato la traduzione italiana di tre saggi di Kelly: “Il linguaggio dell’ipotesi: lo strumento psicologico dell’uomo” (Costruttivismi, 2014, 1, 16-27), “La confusione e l’orologio” (Costruttivismi, 2015, 2, 20-37), “Breve introduzione alla teoria dei costrutti personali” (Costruttivismi, 2016, 3, 26-49).
  3. Traduzioni italiane di altri autori stranieri
    1. Sulla teoria, la psicologia e la psicoterapia dei costrutti personali: D. Bannister e F. Fransella, L’uomo ricercatore. Introduzione alla psicologia dei costrutti personali (Martinelli, 1986); F. Epting, Psicoterapia dei costrutti personali. Introduzione alla teoria e metodica operativa della tecnica terapeutica (Martinelli, 1990); L. Viney, L’uso delle storie di vita nel lavoro con l’anziano. Tecniche di terapia dei costrutti (Erickson, 1994); F. Fransella e P. Dalton, Il counseling dei costrutti personali. Teoria e pratica. (Erickson, 2007); T. Butt, George Kelly e la psicologia dei costrutti personali (Angeli, 2009); R. A. Neimeyer, La psicoterapia costruttivista. Caratteristiche distintive (Angeli, 2012).
    2. Sulla ricerca e le tecniche di assessment: F. Fransella e D. Bannister, La tecnica delle griglie di repertorio. Manuale per l’applicazione della teoria dei costrutti personali (Giuffrè, 1990); G. Feixas e J. M. Cornejo-Alvarez, Manuale per lo studio delle griglie di repertorio con il programma «GRIGLIA» (Vita e Pensiero, 1998).
  4. Libri di autori italiani
    1. Sulla teoria, la psicologia e la psicoterapia dei costrutti personali: G. Chiari e M. L. Nuzzo (a cura di), Crescita e cambiamento della conoscenza individuale (Angeli, 1984); F. Mancini e A. Semerari (a cura di), La psicologia dei costrutti personali. Saggi sulla teoria di G. Kelly (Angeli, 1985); G. Chiari, M. L. Nuzzo (a cura di), Con gli occhi dell’altro. Il ruolo della comprensione empatica in psicologia e in psicoterapia costruttivista (Unipress, 1998); G. Chiari, Il costruttivismo in psicologia e in psicoterapia. Il caleidoscopio della conoscenza (Cortina, 2016).
    2. Sulla ricerca e le tecniche di assessment: M. Armezzani, L’indagine di personalità. Modelli e paradigmi della ricerca (La Nuova Italia Scientifica, 1995); M. Armezzani, F. Grimaldi e L. Pezzullo, Tecniche costruttiviste per l’indagine della personalità (McGraw-Hill, 2003); M. Armezzani (a cura di), In prima persona. La prospettiva costruttivista nella ricerca psicologica (Il Saggiatore, 2004); M. Castiglioni e E. Faccio (a cura di), Costruttivismi in psicologia clinica. Teorie, metodi, ricerche (UTET, 2010).
  5. Altri libri di riferimento
    1. D. A. Winter, Personal Construct Psychology in Clinical Practice (Routledge, 1992); F. Fransella, George Kelly (Sage, 1995); F. Fransella, International Handbook of Personal Construct Psychology (Wiley, 2003); D. A. Winter & L. L. Viney (Eds.), Personal Construct Psychotherapy: Advances in Theory, Practice and Research (Whurr, 2005); G. Chiari & M. L. Nuzzo, Constructivist Psychotherapy: A Narrative Hermeneutic Approach (Routledge, 2010); D. A. Winter & N. Reed (Eds.), The Wiley Handbook of Personal Construct Psychology (Wiley, 2016).
  6. E-Books
    1. G. Chiari, George A. Kelly and His Personal Construct Theory (iBook, free)
    2. The Gale Group, A Study Guide for Psychologists and Their Theories for Students: George Alexander Kelly (Kindle, € 2,72)
    3. Burman, Let’s Talk: Using Personal Construct Psychology to Support Children and Young People (Kindle, € 24,87)
    4. Moran, Using Personal Construct Psychology in Practice with Children & Adolescents (iBook, free)
  7. Siti
    1. Il sito della George Kelly Society è all’indirizzo http://www.kellysociety.org/about-gks.html
    2. Il portale della PCP è all’indirizzo http://www.pcp-net.de/info/index1.html
    3. L’e-journal Personal Construct Theory & Practice è all’indirizzo http://www.pcp-net.org/journal/
    4. L’Internet Encyclopaedia of Personal Construct Psychology è all’indirizzo http://www.pcp-net.org/encyclopaedia/
    5. Il sito dell’Associazione Italiana di Psicologia e Psicoterapia Costruttivista (AIPPC) è all’indirizzo http://www.aippc.it
    6. L’e-journal Costruttivismi è all’indirizzo http://www.aippc.it/costruttivismi/
    7. La PCP Mailing List è all’indirizzo https://www.jiscmail.ac.uk/cgi-bin/webadmin?A0=pcp
    8. Un’ampia bibliografia della PCP, The Rome-Wollongong References Database, inizialmente compilata da G. Chiari, è ospitata sul sito dell’Università di Wollongong, Australia, all’indirizzo http://socialsciences.uow.edu.au/psychology/research/pcp/database/index.html

Quella che segue è una versione modificata della presentazione di GABRIELE CHIARI e M. LAURA NUZZO alla traduzione italiana del libro di Franz R. Epting Psicoterapia dei costrutti personali. Introduzione alla teoria e metodica operativa della tecnica terapeutica. Firenze: Martinelli, 1990.

La formulazione originaria di Kelly

The Psychology of Personal Constructs 3

Quando, poco dopo la fine della seconda guerra mondiale, fu chiamato come professore di psicologia clinica alla Ohio State University, dove rimase per venti anni, George A. Kelly si prefisse il perseguimento di due obiettivi: I’organizzazione di un corso di addestramento alla psicologia clinica e alla psicoterapia (la guerra aveva prodotto, tra l’altro, migliaia di casi di nevrosi tra i veterani), e la stesura di un manuale pratico di procedure cliniche che potesse permettere agli psicologi di entrare in contatto con le persone «penetrando le frontiere della realtà» senza dover fare ricorso a definizioni astruse. II programma di addestramento fu tale da dare un impulso decisivo – parallelamente a quello portato avanti da Julian B. Rotter – allo sviluppo della psicologia clinica negli Stati Uniti; ma il manuale non fu mai scritto, o almeno non quel tipo di manuale. Come ebbe a scrivere lo stesso Kelly diversi anni dopo, «l’intento di essere pratico non si rivelò facile come pensavo. Dopo un ritardo maggiore di quanto fosse necessario anche per una persona di scarso ingegno, alla fine mi colpì l’idea che, per quanto vicino potessi arrivare alla persona che cercava il mio aiuto, io continuavo a vederla attraverso i miei occhiali particolari, e lei non poteva percepire ciò che cercavo freneticamente di comunicarle se non attraverso i suoi. Da quel momento smisi di essere un realista, come sono convinto che ogni psicoterapeuta faccia, che lo voglia ammettere o meno»1.

Nel 1955 usciranno i due volumi di The Psychology of Personal Constructs, il maggior contributo di Kelly alla psicologia della personalità e alla psicoterapia. Tutta la struttura formale della teoria e della psicoterapia dei costrutti personali si fonda su «quell’idea» che colpì Kelly – cioè sull’assunto filosofico che Kelly stesso definì alternativismo costruttivo – secondo il quale la nostra conoscenza della realtà è un’interpretazione continuamente soggetta a revisioni.

Trent’anni dopo: il cognitivismo e le alternative costruttiviste

Negli anni ottanta la scienza e la psicologia cognitiva appaiono dominate dal paradigma cognitivista, che rappresenta indubbiamente una sostanziale novità rispetto alla concezione realista-oggettivista. Con la considerazione del ruolo attivo svolto dalla mente nel processo di acquisizione della conoscenza, un realismo ipotetico si sostituisce al realismo ingenuo della teoria fondazionista della conoscenza. All’ideale scientifico del rispecchiamento di una realtà oggettiva si sostituisce quello della ricerca di una sempre maggiore simmetria tra il modello del mondo e il mondo, tra la mappa e il territorio. Alla logica binaria del vero/falso si sostituisce una fuzzy logic che permette di considerare la dimensione vero/falso come un continuum. Ma l’oggetto e il soggetto di conoscenza rimangono distinti, indipendenti, collegati da un flusso d’informazioni che, proveniente dall’ambiente, si fa strada attraverso l’apertura del sistema cognitivo.

Potrebbe sembrare a prima vista paradossale, ma è proprio con l’idea di una “chiusura” del sistema conoscitivo che la dicotomia soggetto/oggetto viene ad essere superata, che si fa strada un tertium datur tra realismo (esiste un mondo indipendente da me) e idealismo (tutto ciò che esiste è il frutto della mia immaginazione). Nell’ambito della scienza cognitiva, questa idea si sviluppa alla fine degli anni ’70 con la comparsa nello studio della mente della strategia connessionista. In tale concezione, un «esercito di semplici e stupide componenti» (come i neuroni) operano ciascuna nel proprio ambiente locale, ma, per la qualità di rete del sistema, esiste una cooperazione globale che emerge spontaneamente una volta che gli stati di tutte le componenti coinvolte raggiungano una condizione mutuamente soddisfacente, senza bisogno di un’unità di elaborazione centrale che guidi l’intera operazione. «Questo passaggio da regole locali ad una coerenza globale, è il cuore dell’ auto-organizzazione»2.

Un sistema auto-organizzato non è lineare: è dotato appunto di una specifica forma di chiusura operazionale, per cui «le conseguenze delle operazioni del sistema sono le operazioni del sistema, in una situazione di completo autoriferimento»3. E una comprensione dei sistemi viventi nei termini della loro chiusura organizzativa ha delle implicazioni che, se solo si accetta di seguirle, portano a considerazioni che stravolgono le più comuni teorie della conoscenza. In particolare, portano ad abbandonare definitivamente la nozione della conoscenza come rispecchiamento o anche come rappresentazione della realtà. Infatti, essendo il funzionamento del sistema espressione della sua connettività, e cioè della sua struttura di connessioni, le sue operazioni sono determinate dalla sua struttura, e non da input esterni aventi valore di istruzioni. In altri termini, l’ambiente non può determinare i cambiamenti del sistema, ma solo “innescarli”, agendo da fonte di «perturbazioni». Di conseguenza, la conoscenza si configura come una vera e propria costruzione, specificata dalla struttura che ha il sistema in ogni dato momento.

In una versione di tale paradigma, quella che von Glasersfeld3 definisce «costruttivismo radicale» in contrapposizione al «costruttivismo triviale» al quale è riconducibile il cognitivismo dominante, la conoscenza determinata dalla struttura del sistema si configura come una delle tante possibili costruzioni di regolarità in una realtà di cui non si può dire come è, ma tutt’al più come non è, in quanto può porre dei vincoli all’esperienza personale, ma non può specificarla.

networker

Tuttavia un’altra concezione della conoscenza, già rintracciabile nelle speculazioni di alcuni filosofi di indirizzo fenomenologico ed ermeneutico (Heidegger, Husserl, Gadamer, Merleau-Ponty, Habermas), ha trovato in particolare nei biologi Maturana e Varela4 e nel cibernetico von Foerster5 delle formulazioni tali da poter essere prese in considerazione dalla comunità scientifica. La conoscenza, in questo tipo di costruttivismo che ci piace definire «ermeneutico», non è conoscenza di qualcosa – sia pure di qualcosa di amorfo, di indifferenziato – ma vera e propria produzione di cose in un dominio linguistico generato dalla e nella interazione reciproca tra sistemi auto-organizzati nel corso della loro ontogenesi. Il linguaggio diventa quindi connotativo, non denotativo: la sua funzione è quella di produrre un dominio di cose, non di indicare entità esistenti indipendentemente. È in questo dominio linguistico che emergono la mente e la coscienza di sé, consistente nella possibilità da parte di un sistema auto-organizzato di farsi oggetto della propria conoscenza. È in questa rete sociale di interazioni che il sistema, divenuto osservatore, persona in quanto auto-cosciente, può «fare distinzioni e specificare ciò che distingue come una unità, come un’entità differente da sé che può essere usata per manipolazioni o descrizioni in interazioni con altri osservatori»6.

Se non perdiamo di vista le operazioni cognitive implicate nella costruzione della realtà, dobbiamo riconoscere che la distinzione di una unità specifica le sue proprietà; e che le proprietà di tale unità sono necessariamente differenti da quelle delle sottounità che possiamo ulteriormente specificare come parti costituenti dell’unità globale. Un’unità opera quindi in uno spazio definito da tutte le interazioni rese possibili dalle sue proprietà, in un dominio fenomenico che è differente da quello nel quale operano le sue componenti attraverso le loro proprietà; e dato che un insieme e le sue parti sono in una relazione costitutiva di specificazione reciproca, i loro rispettivi domini fenomenici non si intersecano.

Il riconoscimento di questa distinzione fenomenica «dissolve» più che risolvere il problema mente-corpo in quanto, come sottolinea Maturana7, i cosiddetti «fenomeni mentali» vengono a corrispondere alle operazioni dell’organismo distinto come unità globale in un dominio fenomenico (quello delle relazioni sociali) diverso dal dominio in cui operano i cosiddetti fenomeni corporei, cioè le componenti dello stesso organismo8.

Il costruttivismo kelliano

Ebbene, la teoria dei costrutti personali di Kelly è perfettamente congruente con le posizioni costruttiviste più avanzate. Come ha affermato Walter Mischel in un tributo a Kelly, «ciò che sorprende maggiormente non è la vivezza d’ingegno delle formulazioni originarie [di Kelly], ma l’accuratezza con la quale ha anticipato le direzioni nelle quali si sarebbe mossa la psicologia decenni dopo»9.
La matrice ermeneutica del costruttivismo di Kelly si manifesta fin dalla definizione della persona quale oggetto di studio della sua psicologia. La persona è, come lo psicologo, un sistema di costrutti personali, delimitato da un costrutto sé/altro-da-sé che specifica nello stesso tempo la costruzione che il sistema ha di sé stesso e la costruzione che il sistema ha di una realtà che gli appare esterna. La coscienza di sé caratterizza la persona e ne fa un «costruttore di teorie».
Abbiamo detto che, data la chiusura organizzazionale di un sistema autonomo, ogni cambiamento è determinato dalla sua struttura. Nelle parole di Kelly, «ciò che ogni uomo dice o fa, lo dice o lo fa all’interno del dominio di pertinenza che il suo sistema di costrutti personali definisce per lui. Così le sue parole e le sue azioni non sono eventi conseguenti a precedenti avvenimenti, ma espressioni di ciò che è affermato e negato all’interno del suo sistema»10. «L’uomo non può mai fare delle scelte al di fuori del mondo di alternative che ha eretto per sé stesso»11.
L’organizzazione si realizza nella struttura, per cui ogni cambiamento strutturale comporta il mantenimento o la distruzione dell’organizzazione, cioè del particolare insieme di relazioni strutturali fra componenti del sistema che specifica la sua identità. La persona, quale sistema autonomo auto-cosciente che si sviluppa in interazioni con altre persone in un dominio linguistico, ha un’organizzazione (un’identità) che corrisponde alla sua «esperienza unitaria di sé-in-relazione», alla sua più profonda comprensione di sé come essere sociale, e che si realizza (è «incarnata», embodied) nella sua «corporeità». In Kelly questa relazione tra organizzazione/identità e struttura/corporeità (che, si badi bene, non è e non può essere una interazione per la distinzione fenomenica cui abbiamo accennato) è indicata come relazione tra «struttura nucleare del ruolo» e «processi di mantenimento». La costruzione che una persona ha del proprio ruolo nucleare (la sua identità) si basa intersoggettivamente sulla sua costruzione dei processi di costruzione di altre persone; e quindi una persona conserva non solo la sua identità, ma anche la sua esistenza nella stessa rete di relazioni sociali nella quale si realizza.
Alcuni cambiamenti strutturali possono mettere in pericolo l’identità, la conservazione dell’invarianza organizzazionale. Ed è in riferimento a queste transizioni particolari (particolarmente importanti) cui può andare incontro un sistema di costrutti personali che Kelly utilizza le nozioni di minaccia, di paura, di colpa, di ansia, di ostilità, di aggressività. Non si tratta, è chiaro, di emozioni nel senso tradizionale, fattuale del termine: si tratta di «costrutti professionali», cioè, in questo caso, di distinzioni che uno psicologo può operare in riferimento a particolari modificazioni che può riconoscere (costruire) in una persona, in un sistema di costrutti personali12.
In questa concettualizzazione l’emozione evidenzia il ruolo che la persona ricopre di «cerniera» tra il biologico e il sociale: cioè, la persona come sistema auto-organizzato si realizza attraverso la sua struttura, e come sistema auto-cosciente si realizza nella sua relazione sociale con altri sistemi in un dominio cognitivo (la «realtà») alla cui costituzione partecipa. La relazione tra il biologico e il sociale viene così ad essere definita in un modo che «sociologizza» il biologico e «biologizza» il sociale. E lo psicologico?
La psicologia ha un posto centrale nella relazione bio-sociale, ma a patto che cessi di essere un «discorso sulla psiche» o sulla mente individuale. La mente è tra le persone, non nelle persone, e la psicologia può occuparsene solo occupandosi della persona così come Kelly ha cercato di definirla.

Costruttivismo e psicoterapia

Partendo da tali presupposti è evidente che alcune nozioni tradizionalmente centrali in psicologia clinica assumono dei significati molto particolari.

La «malattia» non è un’entità definibile secondo criteri esterni al sistema personale, ma corrisponde ad un «disturbo» inteso come un arresto del processo di elaborazione del sistema stesso, come una sospensione dell’esperienza; una sospensione che è il risultato della scelta da parte della persona di non cambiare rispetto ad aspetti centrali della sua costruzione di sé e del mondo, nel momento in cui anticipa che un cambiamento potrebbe compromettere il mantenimento di un adattamento con l’ambiente.

La «guarigione» consiste quindi nella riacquisita possibilità da parte del sistema di operare ulteriori elaborazioni, di ricominciare a fare esperienza. Tale possibilità è favorita, in sede psicoterapeutica, dalla individuazione delle caratteristiche strutturali del sistema responsabili dell’arresto del suo sviluppo, e dall’impiego di tecniche – scelte sulla base delle dimensioni diagnostiche ritenute maggiormente implicate nel disturbo – atte a modificare tali caratteristiche e a permettere la ripresa di un movimento elaborativo da parte del cliente. È tale movimento che segna la «guarigione» indipendentemente dalla direzione che può prendere, nel senso che l’obiettivo della psicoterapia costruttivista ermeneutica non è quello dell’assunzione, da parte della persona, di un punto di vista «normativo» sulla realtà, ma quello della continua elaborazione di una realtà personale.

La metafora di Kelly della «persona come scienziato» esprime piuttosto efficacemente la visione generale dell’uomo sottesa dalla teoria e dalla psicoterapia dei costrutti personali. Come uno scienziato, ogni persona costruisce teorie e formula ipotesi che guidano il suo comportamento, il quale, come un esperimento scientifico, può confermarle o invalidarle. Ma ciò non significa che le persone, nel loro teorizzare, seguano un particolare metodo scientifico, né che le teorie individuali siano razionali come quelle degli scienziati di professione (una larga parte della nostra conoscenza è addirittura non verbale); né significa che la persona sia qualcosa di diverso o di separato dalle sue teorie: in una concezione costruttivista ermeneutica l’uomo, nella sua globalità, è una «forma di conoscenza» o, meglio, una «realtà costruttrice di realtà».

Note bibliografiche

G. A. Kelly, Personal construct theory and the psychotherapeutic interview (1958). In B. Maher (Ed.), Clinical Psychology and Personality: The Selected Papers of George Kelly. New York, Wiley, 1969, pp. 224-264 (Reprint Ed. New York: Krieger, 1979).
F. J. Varela, The science and technology of cognition: Emergent direction, 1986 [trad. it. Scienza e tecnologia della cognizione: direzioni emergenti. Firenze: Hopeful Monster, 1987, pp. 47-50].
3 F. J. Varela, Complessità del cervello e autonomia del vivente. In G. Bocchi e M. Ceruti (a cura di), La sfida della complessità (pp. 141-157). Milano: Feltrinelli, 1985.
4 E. von Glasersfeld, Reconstructing the concept of knowledge. Archives de Psychologie, 1985, 53, 91-101.
5 H. R. Maturana, F. J. Varela, L’albero della conoscenza, Milano, Garzanti, 1987.
6 H. von Foerster, Sistemi che osservano, Roma, Astrolabio, 1987.
7 H. R. Maturana, Biology of language: The epistemology of reality. In G. A. Miller & E. Lenneberg (Eds.), Psychology and biology of language and thought: Essays in honor of Eric Lenneberg (pp. 27-63). New York: Academic Press, 1978.
8 H. R. Maturana, Autopoiesis: Reproduction, heredity and evolution. In M. Zeleny (Ed.), Autopoiesis, dissipative structures, and spontaneous social orders. Boulder (CO): Westview Press, 1980.
9 Per un approfondimento de! problema mente-corpo in una prospettiva costruttivista si vedano G. Chiari e M. L. Nuzzo, «Mind-body problem»: un problema per quale psicologia? In S. Chiari (a cura di), Cervello e mente. Un dibattito interdisciplinare (pp. 97-105). Milano: Angeli, 1987; e G. Chiari & M. L. Nuzzo, Embodied minds over interacting bodies: A constructivist perspective on the mind-body problem. The Irish Journal of Psychology, 1988, 9, 91-100 [A special issue edited by V. Kenny on Radical constructivism, autopoiesis & psychotherapy].
10 Cit. in G. J. Neimeyer & R. A. Neimeyer, Introduction. International Journal of Personal Construct Psychology, 1988, 1, III-IV.
11 G. A. Kelly, Ontological acceleration (1966). In B. Maher (Ed.), Clinical psychology and personality: The selected papers of George Kelly (pp. 7-45). New York: Wiley, 1969 (Reprint Ed. New York: Krieger, 1979).
12 G. A. Kelly, Man’s construction of his alternatives (1958). In G. Lindzey (Ed.), The assessment of human motives. New York: Holt, Rinehart & Winston. [Rist. in B. Maher (Ed.), Clinical psychology and personality: The selected papers of George Kelly (pp. 66-93). New York: Wiley, 1969 (Reprint Ed. New York: Krieger, 1979)].
13 Si veda G. Chiari e M. L. Nuzzo, La ragione dell’emozione. La conoscenza individuale in una concezione costruttivista monista. In F. Mancini e A. Semerari (a cura di), La psicologia dei costrutti personali. Saggi sulla teoria di G. Kelly. Milano: Angeli, 1985, pp. 175-194.

Top